La dimensione dei file sta diminuendo, questo perchè come avevo preannunciato, all'inizio c'erano da fare un sacco di premesse. Con tali premesse sbrigate però, ora posso filare quasi liscio per il resto del grande discorso in cui mi sono cacciato, e il famoso lettore può rendersi conto di cosa intendo quando esprimo determinati concetti. Per mantenere i file di dimensioni costanti inserirò in ognuno di essi più tesi, visto che ora siamo già a velocità di crociera e le cose si possono dire con meno parole. Espressa la mia posizione riguardo alle forme di vita intelligenti che popolano l'universo, inizierò a scrivere della nostra lunghissima evoluzione, poiché mi servirà più avanti come presupposto per analizzare la società moderna.
Dunque, qualche miliardo di anni fa ci fu un bel botto. Non esistevano orecchie, quindi non fece nessun rumore, ma quello che sappiamo oggi è che in pochi miliardesimi di secondo, uno spazio che poteva essere contenuto in un batterio, si espanse improvvisamente raggiungendo delle dimensioni inimmaginabili e spalmandosi per distanze già impercorribili in meno di anni ed anni. Qualcuno deve aver avuto parecchia fretta. In questo spazio enorme vi era della materia, poca poca poca poca materia rarefatta, che grazie alla forza di gravità, lentamente si raccolse in agglomerati di materia stessa, materia estremamente calda per la reazione pocanzi (relativamente) avvenuta. Questi grumi informi erano i feti delle future galassie, che oggi stimiamo essere più di 100 miliardi. Quello che successe e che succede in 99 miliardi e 999 milioni e 999 mila e 999 galassie lo possiamo solo immaginare. Noi siamo particolarmente affezionati al caso di una galassia in particolare, che per comodità chiameremo Via Lattea. All'interno di questa galassia, si crearono diversi sotto-agglomerati di materia, tra cui il nostro sistema solare, un ammasso enorme di polveri e gas, che ruotava attorno a un centro di gravità interno ad esso. La rotazione della nube e la forza centrifuga della stessa ne appiattirono la forma, rendendola un disco gigante. Grazie alla vicinanza delle porzioni di materia, il centro del disco si mantenne più caldo rispetto alle regioni esterne, dove col passare del tempo il calore venne in parte disperso. Anche qui dentro la forza di gravità creò dei grumi rotanti, che presero la forma dei pianeti dopo che la materia si comprimette. Su uno di questi pianeti, in miliardi di anni di reazioni chimiche e raffreddamento, si generarono oceani di liquido, rilievi montuosi, nonché gas particolari i quali avendo meno peso specifico, si situarono più lontani dal pianeta rispetto a tutti gli altri elementi, formando l'atmosfera. Questo scenario è comune a molti pianeti conosciuti, ma questo in particolare era a una tale distanza dalla stella, aveva una tale varietà di elementi, una tale frequenza di reazioni chimiche e una tale combinazione gassosa intorno, che lentamente presero piede una serie di eventi progressivi che generarono la materia organica. Per spiegare l'evoluzione nei suoi meccanismi base, ai quali sono giunto recentemente, devo soffermarmi proprio in questo momento della lunga storia della terra. Il brodo primordiale, ovvero l'oceano liquido era ricco di elementi diversi. Le scariche elettriche di cui ignoro il motivo, innescarono reazioni chimiche in questo composto e a un certo punto atomi di carbonio si mischiarono con altri atomi a formare delle catene. Voglio essere chiaro, un fottio di reazioni chimiche avvenivano, io sto parlando solamente di una sola di queste, quella responsabile dell'assemblamento della prima proteina. Le proteine sono i veri mattoni della vita, come i mattoncini dei lego lo sono per una casetta. Non parlo di scale, balconi, comignoli o porte; parlo di quelli a pianta rettangolare, con 8 pirulini disposti a file da 2. Da qui in avanti potrei fare tante ripetizioni lessicali per cercare di farmi capire. Tra le infinite combinazioni che queste proteine sperimentarono in miliardi di anni, una fu particolare al fine del discorso che sto portando avanti. Vi era un costrutto di proteine, solido e integro, che covava al suo interno un filamento di molecole, che chiameremo per comodità DNA.
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Anche a questo livello di complessità, il grande tempo a disposizione permetteva un sacco di combinazioni, vi erano quindi davvero tanti esempi di questo piccolo ammasso di materiali. Non parliamo infatti ancora di esseri viventi. Accadde che da qualche evento chimico si formarono dei grumetti che interagivano con la materia del brodo circostante. Interagire in questo caso significa scambiare mattoncini di lego con l'esterno e acquisirne di altri. Non sono un chimico ma poco importa, il lavoro da fare è concettuale, bisogna sforzarsi un attimino per arrivarci. L'interazione di questo corpo è solo una combinazione tra tanti miscugli. Assumendo nuovi mattoncini, questi ammassi crescevano, dopodiché, passato un periodo di tempo più o meno lungo, essi si disgregavano, sempre a causa delle suddette reazioni chimiche che non conosco, ma che per comodità chiameremo INVECCHIAMENTO. Capitava che qualcuno di questi, prima di disgregarsi nel brodo, si dividesse in due, splittando tutta la materia di cui era composto, compreso il fastidioso filamento al suo interno. Come per magia, ma di fatto non per magia ;-) nacque la vita come la definiscono gli uomini di scienza, ovvero qualsiasi cosa nasca, cresca, si nutra, si riproduca e muoia.
Da qui in avanti lo sforzo mentale sarà minore.
Capitava molto spesso che durante la riproduzione di una cellula (ora possiamo chiamarle così) avvenisse qualcosa per cui le cellule risultanti fossero diverse tra loro. Non è un concetto difficile, anzi, personalmente mi stupirei di più del contrario. Ebbene la riproduzione spesso e volentieri differenziava la specie, cosicché vi erano un sacco di diversità tra le varie cellule viventi nel brodo. Ora, per la loro composizione chimica, alcune si disgregavano (o morivano) più facilmente, altre no. Tra quelle che morivano spesso, molte morivano prima di potersi duplicare. Quelle che non morivano facilmente, arrivavano nella loro quasi totalità a duplicarsi prima della disgregazione. Questo è il concetto base dell'evoluzione. Per una serie di errori di duplicazione, veniva creata diversità, e tra le diversità generate, solo le cellule più adatte al brodo sopravvivevano potendosi duplicare ancora N volte, e potendo a loro volta generare diversità ulteriori tramite duplicazioni imprecise, per avere come risultante due copie, una delle quali a volte era più adatta ancora a sopravvivere e l'altra meno. Sorprendente, ma se ci pensiamo non c'è nulla di speciale in tutto questo. Tra le combinazioni di cellule venutesi a differenziare, alcune utilizzavano il DNA per la duplicazione, dando di fatto il via alle riproduzioni genetiche. Sempre per le solite e ritrite composizioni genetiche, alcune cellule risultanti si incollavano tra loro e cooperavano, innescando il processo che in milioni di anni avrebbe permesso lo sviluppo di esseri pluricellulari, in cui tutte le cellule condividevano il DNA come attributo comune identico. Non ci sono ostacoli a questo punto. Gli organismi pluricellulari svilupparono la differenziazione dei compiti delle cellule componenti, ottenendo organi e apparati complessi, sempre volti a una più probabile sopravvivenza in quell'ambiente. Nel frattempo la terra mutava la sua composizione, e si trasformava nello scenario che oggi conosciamo. Le mutazioni genetiche casuali provocarono la nascita di organismi in grado di vivere anche fuori dall'acqua, ottenendo nutrimento anche dall'aria. Svilupparono arti per sorreggere il proprio peso, che fuori dall'acqua risultava di gran lunga maggiore. Nacquero gli organi adibiti all'equilibrio, alla vista, all'olfatto. Tutto, tutto quanto questo, si sviluppò per mutazioni genetiche, non per scelta. Il fatto è che migliorava la vita di questi esseri viventi, e li rendeva più adatti alla riproduzione, mentre chi non si evolveva moriva senza eredi. Non ci manca molto a questo punto: i pesci divennero anfibi, gli anfibi divennero rettili, e dai rettili si evolsero i mammiferi e gli uccelli.
In africa vi erano tanti alberi, e tante scimmie saltavano da un ramo all'altro, con braccia potentissime. Avevano anche delle gambe per spostarsi sui rami, ma non erano troppo utili e venivano usate poco. Ad un certo punto nella storia, iniziò a sollevarsi una catena montuosa, quella che oggi comprende il kilimangiaro. Ecco che i venti umidi provenienti dall'oceano non riescono a superare le montagne e le loro precipitazioni non raggiungono una porzione d'africa, inaridendo lo scenario. Gli alberi iniziarono a diradarsi per il poco nutrimento, e questo non fu un bel segno per le scimmie. Quando ad un certo punto gli alberi erano davvero pochi, le scimmie, per spostarsi da un ramo ad un altro, dovevano scendere e farsela a piedi, esponendosi così ai predatori che nel frattempo ringraziavano la catena montuosa per i sontuosi banchetti. Quante scimmie morirono mangiate! Davvero un sacco, ma non tutte. Quando le scimmie scendevano dagli alberi in massa per correre verso un altro albero, ce n'era qualcuna più veloce delle altre, che aveva casualmente delle gambe più robuste.
Chi veniva mangiato per primo?
Ecco spiegato come col progredire del tempo le scimmie impararono a camminare erette, alzando lo sguardo sopra gli altri esseri e vedendo più lontano. Inoltre, le condizioni estremamente dure della vita di una scimmia del tempo, privilegiarono i nascituri con particolare intelletto, permettendo di fatto lo sviluppo dell'intelligenza umana. Questi umani trogloditi usarono poi la loro intelligenza per cacciare, accendere fuochi, costruire lance, costruire tende, sviluppare linguaggi, scoprire l'utilizzo del mattone, l'utilizzo del ferro, della ruota, dell'allevamento, dell'agricoltura, dell'aratro, eleggere capi, muovere guerra per il cibo, disegnare, disegnarsi, costruire palazzi, attribuire eventi agli dei, attribuire i palazzi agli dei, costruire archi, costruire bighe, tramandare nozioni di tecnica, scrivere nozioni di tecnica, scrivere storie, inventare storie, costruire dighe, costruire navi, costruire strade e acquedotti, costruire castelli, inventare la scienza, costruire armi da fuoco, utilizzare l'elettricità, costruire centrali, carri armati, scuole, industrie, computer, aerei. Eccoci qui, composti della stessa materia di qualche miliardo di anni fa, rimescolata a formare complessissimi sistemi autocoscienti. Ma di fatto, una domanda mi sorge spontanea:
Siamo realmente vivi?
Mi spiego meglio: subito dopo il big bang c'era vita? NO. E durante la creazione della nebulosa planetaria? NO. E sulla terra senza oceani? NO. E nel brodo primordiale? La risposta è molto difficile. Bisogna definire la vita a un livello concettuale e non in base alle osservazioni fatte su esseri “viventi”.
Partiamo da ora. C'è vita? SI. E quando c'erano solo le scimmie? SI. E quando c'erano i dinosauri? SI. E Quando c'erano solo i pesci e gli esseri del mare? SI. E quando c'erano i primi organismi pluricellulari? SI. E nel brodo primordiale?
Dare un'etichetta a un corpo definendolo vivo è molto complicato, poiché questa vita si è sviluppata gradualmente e non ha MAI compiuto balzi in avanti. Per mutazioni genetiche progressive, ogni tot migliaia d'anni cresceva la complessità delle forme di vita. Ma che differenza c'è tra un uomo e uno scimpanzé? E che differenza c'è tra un ammasso di molecole che si riproduce e uno che non lo fa? Possiamo realmente usare il termine vita come lo usiamo oggi? Se decidiamo di usare tale parola per appiccicarla ad alcuni corpi piuttosto che ad altri, ebbene dobbiamo anche definire la non vita. Quindi, in questo lunghissimo scenario progressivo e graduale dobbiamo fissare un punto dal quale la vita iniziò. Sembriamo tanto sicuri del fatto che oggi ci sia vita sulla terra e 3 miliardi di anni fa non ci fosse, però non sappiamo dire a che punto è partita. Ma, cosa ancora più importante, chi definisce l'uomo superiore alla bestia, non sa piantare un paletto di confine tra la storia delle scimmie e quella dell'uomo. Raccontando tutto ciò, ho di fatto dimostrato inequivocabilmente che tutta la storia dell'evoluzione può essere raccontata senza prendere in considerazione la vita come concetto.
Che cos'è la vita, cazzo?
Eccoci: il rasoio di Occam mi suggerisce di escludere il concetto di vita, perché non esiste. Io non sono vivo, tu che leggi non lo sei. Se credi nella scienza, non puoi credere nella vita, poiché anche senza quest'idea/etichetta tutto starebbe in piedi ugualmente. Sei solo una scimmia un po' più autonoma e adattata a sopravvivere. Sento che questo è il passo più difficile che io abbia fatto da quando ho iniziato a scrivere, questo modello non entrerà facilmente nella testa delle persone che leggeranno.. Ma sfido chiunque ad attaccarmi. La vita è un pour parler, una convenzione. Prego chiunque legga a non considerare finito il discorso. Infatti, verso la fine dello zibaldone introdurrò una sega mentale gigante che ha messo in crisi persino questa fortezza, in cui sono stato arroccato per mesi. Dico solo che, in base a quanto esposto in questo documento e in base a quanto domandatomi successivamente, io non lo so. Ho deciso che sarà tra gli ultimi argomenti perché so per certo che ciò che mi chiedo in questi tempi sia la domanda più difficile di qualsiasi domanda ci si possa porre.