Entrò in casa e posò la pistola ancora calda sul tavolo, mentre il suo respiro riempiva la stanza, e il calore della stufa a gas lo avvolgeva come una coperta. Lo scricchiolio dei suoi passi era ora l'unico rumore che sentiva, eccezione fatta per la grondaia che oscillava al ritmo del vento di dicembre. Si tolse i guanti e si guardò le mani, pallide come se fosse sottoterra da giorni.
Quella sera aveva capito tutto.
Si sedette contro lo spoglio muro del suo monolocale e si tolse il berretto di lana. Il suo viso, solcato da lacrime di ghiaccio, si contraeva a intermittenza, a seconda delle immagini che gli sfrecciavano nella testa. Ma certo, ora aveva il quadro della situazione. Fin da piccolo gli erano state rifilate storie malate, che non erano riuscite a farlo sentire a posto, e a spiegargli perché le altre persone lo guardavano storto, come un mostro. - Sei candido come un angelo amore mio! - la voce di sua mamma gli risuonava nel cervello, e mentre cercava di scacciare il pensiero si tolse gli scarponi gocciolanti. Candido, certo. Non era mai piaciuto a nessuno quel candore. - Un angelo non può essere triste come me - pensava da piccolo, - altrimenti nessuno al mondo potrebbe non esserlo -.
Erano 20 anni che faceva parte di quell'incubo schifoso, e solo quella notte capì.
Nulla era reale. Il mondo era stato architettato da qualcuno e lui era il fottuto esperimento di quel qualcuno. Questo spiegava tutto: nessuno era gentile con lui, era un esperimento per testare le sue capacità di socializzazione; era sempre trattato in modo speciale, per forza, era il protagonista! Non aveva né amici né una compagna perché se avesse avuto persone accanto si sarebbe accorto di tutti gli sbagli che il creatore aveva commesso...
Ora la sua faccia era plasmata da un sorriso isterico, e i suoi occhi rosso sangue fissavano divertiti le medicine sul tavolo. Erano servite per tenerlo buono e limitare le sue potenzialità intellettive; non doveva scoprire quello che per caso aveva scoperto. La sua malattia mentale era un altro deterrente per mettere una toppa alle sue domande circa il colore della sua pelle o dei suoi capelli. - I veri uomini devono essere come me – concluse, - ciò che sono io è la normalità. Tutti questi manichini colorati sono strani. Sono loro i mostri! Nel mondo reale l'umanità abita sicuramente sotto terra.. O in un qualche posto al buio, nessuno può stare alla luce del sole, esattamente come me! -
Era incredibile come tutto tornasse.
- Sono prigioniero, cazzo, sono prigioniero di una dannata illusione. Come mi sveglio? -
Ora che aveva ucciso suo padre, nessuno di familiare abitava quella falsa realtà. Doveva trovare il modo per uscirne. Si guardò intorno. Stufa, cesso, divano, TV, finestra, frigo, forno, sedia, tavolo... Pistola.
Aveva trovato il sistema per liberarsi.
Si alzò, si tolse il cappotto e lo lasciò cadere a terra; individuò il sensore antincendio sul soffitto, da cui veniva spiato giorno e notte, lo svitò e lo mise sotto la giacca; si diresse verso l'angolo cottura e, fermatosi davanti al tavolo, prese la Colt e se la puntò sotto il mento.
Rideva.
L'ultimo suono che uscì dalle sue labbra fu pronunciato un secondo prima che premesse il grilletto:
- Vi ho fregati -.